Iperpittura autori a confronto di Stefano Coletto

Il termine “iperpittura” introduce una definizione di questa tecnica artistica nel contesto delle trasformazioni legate alle nuove tecnologie e all’avvento dei media digitali.
Non è una novità la presenza della pittura nell’arte contemporanea, anche se la seconda metà del Novecento si è caratterizzata per lo sviluppo di pratiche artistiche alternative.
L’affermarsi negli anni Settanta di movimenti quali la Transavanguardia, i “Neue Wilde”, la “Bad Painting” diffuse un’idea di pittura come risultato di un’esplosione energetica e vitalistica in cui l’artista si affermava come un saccheggiatore delle tecniche e dei temi del passato, dalle tendenze classiche a quelle espressionistiche. Si trattava anche di una reazione alle tendenze concettuali degli anni Sessanta, che sostenevano una riduzione della dimensione rappresentativa rispetto alla percezione della realtà.
Negli anni Novanta i termini di digipittura o tecnopittura aggiornavano la riflessione su questo linguaggio artistico, suggerendo che molte pratiche legate al digitale quali la stampa, lo scanner, il fotoritocco, la commistione di elementi artificiali e reali fossero anche occasioni per ripensare la più tradizionale “pittura”. Recentemente alcuni critici attenti allo sviluppo delle pratiche artistiche in Internet hanno parlato di web paintings per lavori che utilizzano l’immaginario visivo e mentale della rete.
La vitalità di questo linguaggio artistico ci porta a parlare di una sorta di “iperpittura”, termine che allude ad una definizione della pittura come un media che si relaziona ad altri media e ad altri linguaggi. Il prefisso “iper” significa “sopra”, “oltre”, ma non si vuole rimandare al movimento “Iperrealista” degli anni Settanta, nel quale il pittore si poneva come obiettivo la creazione di un modello di rappresentazione sostitutivo della percezione stessa della realtà attraverso la meticolosa imitazione dei particolari fotografici. Qui invece il prefisso “iper” richiama il significato del termine “ipertesto”, che nasce nel contesto della progettazione di un software per la lettura simultanea e interattiva di più testi, anche visivi, sonori e verbali. Nella metà degli anni Ottanta si svilupparono questi programmi ed uno di questi si chiamava “intermedia”. “Intermedia” è in grado quindi di creare relazioni interdipendenti tra codici diversi ed è ciò che permette una regia dei media. Il risultato è l’ipertesto. In questo contesto culturale riferirsi alla pittura come uno strumento in grado di aprirsi oltre la propria specificità significa pensarlo come un iperstrumento. L”hyper-painting” può rapportarsi al mondo e ai diversi codici che giungono al nostro apparato percettivo. La pittura permette di assorbire, interpretare, plasmare, partendo da fonti iconografiche diverse come la pubblicità o il graffitismo, oppure da livelli cognitivi eterogenei. Un quadro può nascere rielaborando ciò che si sente, si vede, può svilupparsi da ciò che si dice e da ciò che si tocca. Il quadro si può strutturare partendo da una relazione, da un concorso di situazioni di cui si chiede all’iperpittura di rendere conto. Essa inoltre si avvale anche di altri strumenti e materiali, a loro volta in continua trasformazione come i colori oppure le immagini di riferimento per la rielaborazione sulla tela. E’ possibile parlare di una iper-tecnica il cui campo d’azione è sempre in evoluzione. La mostra parte da qui, dalla constatazione che i sei artisti scelti per questa collettiva lavorano in un contesto semantico in cui la forza del linguaggio pittorico e dell’opera emerge quando l’artista diviene autore quando l’artista non è solo il pittore ma l’autore e l’esecutore di una regia che tratta materiali che provengono, dal cervello e dalla mano, da una formazione culturale come da una sensibilità percettiva peculiare, interagendo continuamente tra il concettuale e il materiale.
La tensione che traspare dalle opere dell’iperpittura non conduce più ad una forma, ma ad una rappresentazione precaria sempre tesa verso una possibile trans-formazione. Questa condizione avvicina le opere più vitalistiche e informali a quelle il cui riferimento è la fotografia, la tecnica dell’istante instabile.
Se nel postmoderno l’artista si esprimeva come nomade tra i linguaggi, oggi l’autore possiede gli strumenti per lavorare con la consapevolezza di un confronto con il mondo a più dimensioni in cui la ricerca della qualità e della bellezza è un percorso obliquo.
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Servendosi della fotografia come strumento per fermare la realtà, Riccardo Costantini riproduce attimi in trasformazione. Gli sfondi acrilici sono monocromi, evocano un non-tempo, mentre i soggetti ad olio si stagliano sulla tela carichi di particolari contestualizzanti. Grazie all’uso di più frame ricostruisce la realtà nel modo in cui essa si mostra all’obbiettivo creando un doppio tempo in cui coesistono momenti diversi. Spesso sono coppie di soggetti ad evidenziare la variazione e il movimento. Come una doppia pagina in cui annotiamo il succedersi delle cose. Spazi aperti, spiagge, montagne, sono le ultime produzioni dell’artista, che tramite il mezzo fotografico presenta una doppia realtà. Come istantanee mediate dal tempo che il pennello impiega a registrarne i particolari sulla tela.
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Testo d’introduzione al catalogo della mostra “Iperpittura autori a confronto” testo di Stefano Coletto e inaugurata il 03 dicembre 2005 presso la galleria Isola bassa, Dolo (Ve).